Non c'è e non c'è mai stata religione in Cina, se si intende per «religione» un insieme di credenze relative ad un dio (o a più divinità), in relazione ad una concezione del destino umano, espressa in una organizzazione ecclesiastica, con un rituale: la Cina non è il paese delle religioni, ma quello delle dottrine.
Si diceva spesso che i cinesi avevano tre religioni:
-il taoismo (fondato nel VI secolo a.C. da Lao-Tse),
-il confucianesimo (le cui origini sono pressappoco contemporanee a quelle del taoismo),
-il buddismo.
In cinese, questi tre sistemi si chiamano le «tre dottrine».
Da molti secoli queste dottrine hanno soltanto un interesse storico, poiché il popolo cinese si forgiò nel corso dei secoli una religione popolare, che riunisce, alla rinfusa, credenze primitive, prestiti dalle «tre dottrine», culti ad eroi o a personaggi più o meno divinizzati, ecc. E, poiché non si è trovato mai, in Cina, un organismo centrale per codificare e unificare questa spumeggiante mistura, la religione popolare cinese non è stata, in effetti, che un immenso mosaico religioso e mitologico.
Il culto degli antenati appare vivo soltanto nel medioevo dell'antica Cina, mentre nelle epoche successive va lentamente affievolendosi, sino a ridursi a semplice rituale, intorno al 200 a.C., riservato alle famiglie più nobili ed ai feudatari; la religione degli antenati, in altri termini, perde il suo contenuto dogmatico e sentimentale, sostituito dalle nuove dottrine: taoismo, confucianesimo e buddismo.
ORIGINE E LIBRI FONDAMENTALI
• Lao-Tse è un personaggio leggendario che la tradizione fa nascere nel 604 a.C.; il nome stesso significa «il vecchio maestro» (certi autori pensano che sarebbe esistito un letterato chiamato Li-Ful, che avrebbe preso in seguito il nome di Lao-Tse). Questo personaggio avrebbe incontrato Confucio e gli avrebbe consigliato di essere più umile (ciò è puramente leggendario: ci sono nel taoismo idee che erano sconosciute al tempo di Confucio). Divenuto vecchio Lao-Tse sarebbe partito verso l'Occidente a dorso di bufalo; prima di lasciare la Cina, avrebbe composto un piccolo libro di 5000 caratteri: il Dao De Jing («libro della via e della virtù») chiamato anche il Lao-Tse.
• I libri sacri del taoismo. Oltre al Dao De Jing, di cui ignoriamo la data di composizione (forse il IV secolo a.C. ma gli eruditi non sono d'accordo su questo punto), due altri libri sono considerati fondamentali:
- Il Chuang-Tse (il maestro Chuang), che si riferisce ad un certo Chuang che sarebbe vissuto circa fra il 370 e il 300 a.C.
- Il Lie-Tse, raccolta di pensieri, attribuito al filosofo Yang Chu, che visse nel IV secolo a.C.; infatti il Lie-Tse è stato scritto all'inizio dell'era cristiana.
- Quanto al canone taoista , il Tao-Tsang , è formato da più di 5.000 parti.
LA DOTTRINA
• Tutti i paesaggi sono belli, solo l'uomo è vile. Il taoismo è all'inizio una filosofia scettica, e i taoisti sono spesso, nei primi tempi, eremiti, uomini che rifiutano la vita sociale. Certe massime di Yang-Chu o di Lao-Tse hanno un suono pessimista: perché vivere, se non si sa dove si va? Sembra che la ricerca dell'immortalità sia all'origine dell'alchimia taoista, di una ampiezza e di una complessità sconcertanti.
• Il Tao è calmo come l'eternità stessa. L'io individuale relativo è disprezzabile; invece il Tao, cioè la totalità assoluta, la sostanza unica in cui tutto scorre, possiede una specie di «bontà» fondamentale e uno dei grandi principi del taoismo è di agire conformemente al Tao, conformemente alla natura, fino ad identificarsi nelle sue leggi. Come la filosofia stoica il taoismo è un misticismo naturalista.
• Wu-Wei. Poiché tutto, nella nostra esistenza, è relativo, un solo precetto è importante: «Non agire» (in cinese: Wu-Wei), ossia non fare niente che non sia secondo natura, al fine di penetrare i misteri di ordine naturale:
«In verità più si va lontano e meno si comprende: ecco perché il saggio sa senza studiare, non fa niente, e tuttavia porta tutto a buon fine» (Lao-Tse).
I primi testi taoisti lasciano trasparire tutti questo anarchismo filosofico molto diverso da quello dello yoga o dei guru moderni: il saggio, meditando sulla inesistenza delle cose, cerca di arrivare ad uno stato nirvanico, un certo statuto metafisico, mentre il seguace del taoismo vive la sua vita su di un piano concreto, ma con noncuranza.
Questo meraviglioso distacco non è durato. Il saggio taoista è divenuto cosciente del suo sapere e della sua importanza e ha cercato la potenza. Il primo dei «precettori celesti» fu Shang-Tao-Ling (I secolo a.C.) i cui discendenti ottennero dall'imperatore un vero feudo nel Kiang-Si (e lo possedettero fino al 1927), vero stato taoista racchiuso nell'Impero e dove si è sviluppata la setta chiamata Cheng-Yi (essa è ancora attiva a Formosa).
Così una delle dottrine più antistatali e anarchiche del pensiero orientale è diventata, con una svolta inattesa, una dottrina di governo e per di più feudale. Tuttavia essa ha largamente contribuito, per la forza delle sue concezioni relative all'autonomia individuale, a sviluppare nei cinesi l'individualismo e una certa «arte di vivere».
Nella sua rivalità con il buddismo e il confucianesimo, il taoismo ha utilizzato un vasto patrimonio mitico lasciato da parte da queste due dottrine: la magia. Tutti i sacerdoti taoisti (i taoshen ) espellono i demoni, fabbricano filtri ed elisir di lunga vita, praticano la veggenza e la divinazione. Alla base di questo occultismo sta l'opposizione di due forze nella natura: lo yang, principio maschile, e lo yin, principio femminile; il taoshen, con la sua conoscenza della proporzione ottimale dello yang e dello yin in un essere, può allora conferirgli una efficacia suprema.
Il taoismo insegna così che il mondo intero è sotto la dipendenza degli dei, in particolare di una trinità suprema, i «Tre Preziosi»; questa credenza si oppone al buddismo, religione atea che vede, nelle divinità, esseri inferiori ai Budda, cioè agli uomini che sono stati raggiunti dall'Illuminazione.