La Firenze sull’Elba

Lo Zwinger di Dresda, sede della Pinacoteca dei Maestri Antichi.

La nostra amica Federica ci attende di buon mattino a Theaterplatz, di fronte alla magnifica Semperoper, il teatro dell’opera di Dresda, in cui si esibisce la celebre Sächsische Staatskapelle Dresden. Per la seconda volta è così gentile da mettere a nostra disposizione le sue capacità di guida turistica, facendoci scoprire la sorprendente ricchezza culturale di questa città, e le innumerevoli connessioni che la legano alla nostra Italia. A partire dal tempio della musica alle nostre spalle. Sì perché questo edificio ha visto non di rado all’opera i migliori direttori d’orchestra italiani. Il sito stesso del teatro si fregia di aver goduto dell’ “impegno del visionario, energico Giuseppe Sinopoli in qualità di direttore principale della Cappella di Stato”, che è stata nei secoli ripetutamente diretta da nostri connazionali, da Antonio Scandello nel lontano Cinquecento fino a Fabio Luisi, tuttora in carica.

È sufficiente voltarci verso il lato opposto per apprezzare la Chiesa Cattolica di Corte, progettata dall’architetto romano Gaetano Chiaveri nel 1755, un gioiello tardobarocco realizzato con i contributi artistici dello scultore Lorenzo Mattielli e del pittore Stefano Torelli, e mediante un ingente impiego di manodopera italiana, ragion per cui, ancora oggi, l’edificio antistante porta il nome di Italienisches Dörfchen, „piccolo villaggio italiano“. Non basta ancora per sentirci, una volta tanto, fieri delle nostre origini all’estero? E allora volgiamo lo sguardo verso la statua che campeggia al centro della piazza. Rappresenta il re Johann di Sassonia, figlio di una nobile nata a Parma, sincero appassionato di letteratura dantesca e autore di un’importantissima traduzione della Divina Commedia. Non è finita qui: a pochissimi metri di distanza si trova lo Zwinger, sede della Pinacoteca dei Maestri Antichi. E all’interno è un trionfo di arte italiana: Tiziano, Giorgione, Pinturicchio e Parmigianino sono solo alcuni dei pittori le cui opere rendono questa una delle principali esposizioni del mondo, il cui pezzo forte è la Madonna Sistina di Raffaello, che fa di questo luogo, con tutta probabilità, la più importante collezione a lui dedicata all’infuori dei nostri confini nazionali.

Tutto questo in una manciata di metri quadrati: Theaterplatz e dintorni. La nostra amica tra poco se ne dovrà andare, la salutiamo, la ringraziamo, e restiamo con la consapevolezza che, se tanta bellezza e tanta Italia sono racchiusi in una singola piazza, è difficile immaginare quanto abbia da offrire l’intera città, troppo spesso – proprio come Torino – sottovalutata. Ma è sufficiente osservare l’altra tela che conferisce un richiamo mondiale al museo, dal lungo nome “Dresda dalla riva destra dell’Elba a monte del ponte di Augusto”, di Bernardo Bellotto – anch’egli detto il Canaletto come il suo ancor più celebre zio – per rendersi conto di quali siano le motivazioni che hanno guadagnato a Dresda, su iniziativa di Herder nel 1802 – l’appellativo di Elbflorenz, la Firenze sull’Elba.

Rinascere nel cuore dell’Europa

La Frauenkirche, dopo la ricostruzione, terminata nel 2005.

Vogliamo vederla da vicino questa “locomotiva tedesca”, che non è l’ultima motrice di Trenitalia per i suoi Eurocity, bensì l’espressione dentro la quale i politici nostrani annacquano l’imbarazzo nel raffrontare i nostri parametri economici ai loro. Per farlo è necessario venire sul posto, e scoprire che la Germania non è solo il Paese cui fare riferimento durante la crisi, ma anche un luogo in cui, andando al supermercato, scoprite curiosamente che con la stessa somma potete acquistare tanto una bottiglia d’acqua quanto due dvd vergini, mentre in Italia ci vogliono fino a cinque bottiglie d’acqua per coprire il pezzo di un singolo dvd. In compenso frutta e verdura si presentano quasi come beni di lusso, con un prezzo specifico che supera quasi sempre quello del prodotto di bandiera (insieme alla birra naturalmente): i Würstchen, o più banalmente würstel.

Ma Dresda, la città che ci ha accolti, o meglio l’intera Sassonia, di cui è capoluogo, non è come la ricca Baviera o il popoloso Nordrhein-Westfalen, ma al contrario è una regione devastata dal cielo prima – sanguinosamente bombardata dagli Alleati appena una settantina di giorni prima della nostra Liberazione -, e dalla terra poi, a causa di un regime che ha letteralmente fermato il tempo mentre poco più ad ovest esplodeva il futuro. Simbolo di tutto questo è la chiesa di Frauenkirche, ricostruita nel 2005 tale e quale a quella del 1743, crollata sul finire della guerra, e le cui macerie sono rimaste sotto gli occhi degli abitanti fino agli anni ’90. Oggi, quando passeggiamo per il vivace centro storico, niente farebbe pensare che questo bellissimo edificio altro non sia se non un simbolo che ha appena terminato di risorgere, in cui le pietre recuperate sono state ricollocate ove possibile – con precisione tutta tedesca – nell’esatta posizione precedente.

Nonostante tutto questo, abbiamo avuto modo di constatare come la città stia avendo la forza di riguadagnarsi il proprio benessere. Solo per fare qualche esempio, nel prendere domicilio ci sono state consegnate due borse ricolme di guide ai musei, cartine della città e dei mezzi pubblici, buoni omaggio per svariate manifestazioni, e molto altro ancora. Cosa che si è sostanzialmente replicata durante l’iscrizione all’università. Senza contare i libri nuovi e gratuiti, spediti direttamente a casa dalla Volkshochschule per impartire le lezioni di Lingua italiana. Tutti “eventi” che in Italia faticherebbero a verificarsi. Certo, i trasporti costano almeno il doppio rispetto a Torino ma, come si suol dire, non si può avere tutto.

Se il Novecento per gli italiani è stato sinonimo di laceranti espatri verso i ghetti americani o le miniere del Belgio, ben altra cosa è cominciare una nuova vita oggi, oltre le Alpi, in mezzo a qualche Trabant testimone di un recente ma superatissimo passato, in una delle città più verdi d’Europa.

La storia di Dresda

Era praticamente febbraio quando in tutta Dresda si iniziava a parlare della Menschenkette prevista per il 13 febbraio. Menschenkette significa letteralmente catena umana, ma né io né il mio fidanzato sapevamo che cosa significasse veramente. Abbiamo quindi iniziato a informarci e abbiamo scoperto che ogni 13 febbraio a Dresda viene fatta una vera catena umana, tutta la città si riunisce con un segno, che quest’anno era una rosa bianca, si dà la mano e in silenzio si ricorda quella terribile giornata, il 13 febbraio 1945. 

La Seconda Guerra Mondiale la conosciamo tutti, ma non tutti sanno che il 13 febbraio 1945 Dresda è stata quasi rasa al suolo e che molti civili sono morti. 

Per dirlo con le parole di Frederick Taylor, giornalista e storico inglese insegnante di Oxford:

«Sono quasi le dieci di sera quando a Dresda suonano le sirene antiaeree. Non è la prima volta, ma finora si è sempre trattato di falsi allarmi e i più sono convinti che “la Firenze sull’Elba” verrà risparmiata. Con i suoi splendidi edifici, testimoni di un illustre passato, le sue fabbriche di strumenti ottici e le sue splendide porcellane prodotte nella vicinissima Meissen, Dresda sembra un’oasi lontana dalle preoccupazioni della guerra. Nei cittadini e nelle autorità è radicato un profondo ottimismo, motivo per cui la città non viene dotata di particolari misure antiaeree e non si provvede alla costruzione di rifugi sicuri, il che avrà drammatiche conseguenze. Quello di Dresda è universalmente noto come il più intenso bombardamento scatenato sui cieli della Germania da parte della RAF e dell’aviazione americana: entro mezzogiorno del 14 febbraio (per ironia della sorte mercoledì delle Ceneri) la città è rasa al suolo, il centro storico completamente distrutto dalla tempesta di fuoco, e il numero delle vittime viene stimano intorno alle centinaia di migliaia.»

Per chi fosse interessato ad approfondire questo tema, consiglio vivamente questi due libri:

Frederick Taylor, Dresda 13 febbraio 1945: tempesta di fuoco su una città tedesca (titolo originale: Dresden), Milano 2005, Mondadori Editore

Uwe Schieferdecker, Dresden – Der dreifache Blick, Herkules Verschlag